Esiste persino una sindrome che prende il nome da questa città. Perché, dicono, si può rimanere folgorati. Ora lo diciamo pure qui: Gerusalemme è da colpo di fulmine, da rimanerci secchi. Da innamoramento al primo sguardo, quando si arriva (noi da Tel Aviv e Latrun) sotto alle sue colline e si scopre che no, non è in pianura e che sì, le case sono piccole e bianche. È estesa, maestosa; l’impatto è di quelli che non ti dimentichi: tutto torna, tutto è – in qualche modo – famigliare, conosciuto. Fa parte di una storia che appartiene a chiunque, di qualsiasi religione o etnia sia.

Il primo incontro è con le strade, sempre trafficate (come dappertutto in Israele) e che si restringono man mano che ci si avvicina al cuore della città: la Old City. Ma prima di arrivarci, consigliamo due soste: la prima, alla Foresta (o Giardino) dei Giusti, dove ogni pianta di carrubo è dedicata a una persona meritevole. La seconda, al Monte degli Ulivi, dove si trovano il cimitero ebraico e la chiesa del Pater (con il “Padre Nostro” tradotto in 150 lingue); è la collina che separa la città dal deserto di Giuda.

Per avvicinarsi alle mura, il consiglio è quello di parcheggiare l’auto nel sotterraneo Jerusalem Tower, poi raggiungere Yafo Street e incamminarsi per uno degli ingressi principali, Jaffa Gate. Non prima di aver ammirato Mamilla Mall, la via ricostruita: noterete milioni di numeri sulle pietre di palazzi, bar, hotel. La proprietaria di una gioielleria ci ha spiegato che tutto è stato smontato, ristrutturato e ricomposto. Incredibile. Trovare un posto dove mangiare non sarà difficile; optate magari per il Mamilla Cafe, il bar dell’hotel omonimo, per un pranzo leggero (potete provare il Sambusak o le loro tipiche focacce farcite).

Poi, finalmente, la Cittadella, circondata da mura massicce; entrando dal Jaffa Gate, troverete subito sulla sinistra l’ufficio informazioni: prendete una mappa, vi servirà! Perché la città vecchia è un labirinto, è piena di gente e perdersi nei quattro quartieri è un attimo. Ognuno, qui, può fare il giro che preferisce. Ecco il nostro: Jaffa Gate, Holy Sepulcher Church (la più affollata), via Dolorosa (la via Crucis, insomma), poi Saint Anne Church, visita al cimitero musulmano, uscita dal Lions Gate per percorrere fuori dalle mura tutta Haophel Road e rientrare dal Dung Gate, quello degli ebrei che porta al Muro Occidentale. Passerete: il quartiere cristiano, poi quello Moslem, vedrete da lontano la spianata delle Moschee, poi il Jewish Quarter (ordinatissimo) e infine l’Armenian, per uscire nuovamente da dove siete entrati, Jaffa Gate. Non stupitevi per i controlli: ci sono e sono molti. Per raggiungere il Muro del Pianto (diviso, uomini e donne, e sono queste ultime quelle che, sul serio, piangono, infilando le preghiere fra i mattoni) passerete un metal detector. E anche per uscire dal quartiere ebraico. Non lamentatevi, è la prassi.

Il giro della città vecchia è qualcosa di unico al mondo, immersi in un mosaico di persone, culti, credenze, modi di pensare e di vivere. C’è molto sacro, ma non manca il profano. Ci si mescola, ma mai completamente.
Per la cena, noi abbiamo scelto Noya (מסעדת נויה), bistrot elegante in Shlomzion Ha’Malka Street; se si trova ancora nel menù, provate la melanzana al forno con una salsa agli arachidi e il kebab di agnello. Come antipasto, portano sempre una focaccia calda con nove salse diverse (molto divertente capire quali sono!).

Inutile prendersi in giro: un giorno solo non basta. Ma serve per innamorarsi. E decidere assolutamente di tornare.
Bello, mi hai incuriosito molto 🙂
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È un posto magico!
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Ciao, il tuo articolo mi ha messo ancora più voglia di vedere Gerusalemme, non sto più nella pelle! Ho pubblicato il mio itinerario di viaggio, se hai qualche consiglio da darmi anche sugli altri luoghi che visiterò commentalo, mi sarà di grande aiuto. Grazieeee!
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mandami il link che guardo!!!
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eccolo: https://wordpress.com/post/worldgirlfriend.wordpress.com/159
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Grazie, ora guardo!
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