Il fascino decadente di Yangon da scoprire in un giorno

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Ufficialmente, questa non è più la capitale della Birmania. Ma se si parla con chi lì, in Myanmar, ci vive, si capisce subito che il titolo a Yangon lo toglierà mai nessuno. È la capitale morale, la città più importante; antica colonia inglese che stupisce per le pagode d’oro, che dominano su tutto, per l’assenza di motorini (il regime li ha vietati nell’intero distretto) e per il numero impressionante di edifici di quell’epoca ormai lontana – la Coloniale – lasciati però andare alla malora. Dall’aeroporto internazionale (nuovo di zecca) ci vogliono circa quaranta minuti e 10 dollari per raggiungere il centro; all’arrivo non bisogna assolutamente prendere un taxi a caso, ma affidarsi al “taxi service” dell’aeroporto (siamo pur sempre in uno dei Paesi più poveri del mondo e la criminalità negli ultimi anni è aumentata parecchio).

yangon-mercatino

Per vedere la città nel suo insieme, con un solo giorno a disposizione, bisogna partire dall’alto. Noi abbiamo fatto colazione all’Esperado Lakeview Hotel, di nuova costruzione e con uno staff migliorabile, ma ha un punto forte: la terrazza all’ultimo piano. Da lì, si vedono le pagode scintillanti, il lago Kandawgyi con i suoi giardini e, in fondo, i palazzi di nuova costruzione. Si vedono anche le barche reali, ma ora una è un ristorante (che organizza pure spettacoli di danze tradizionali) e hanno perso di fascino.

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La prima visita della città non può che essere quella alla pagoda più alta e più importante di tutte: Shwedagon; ci vuole almeno un’ora  e mezza per vederla, perché lo spazio che occupa è immenso e gli angoli da non perdere (e fotografare) sembrano non finire mai. Bisogna farsi accompagnare da una guida (all’ingresso trovate quelle ufficiali, con cartellino al collo), perché girarla da soli è dispersivo; saranno loro a creare il percorso giusto, a spiegare l’importanza del dono (tutte le placche che compongono la pagoda sono d’oro e vengono donate, con fatica e sacrifici, dalle famiglie del luogo), perché le statue del Buddha vengono lucidate continuamente, perché i fedeli passano in quel luogo molte ore della loro giornata. Bisogna entrare senza scarpe né calze, il biglietto costa 8 dollari e attenzione: se fa troppo caldo camminare lì è impensabile (e vi conviene andarci al mattino molto presto o verso il tramonto).

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Per girare in centro, molto meglio affidarsi a un’autista; ci siamo trovati bene con Kyaw della Myanmar Expert Travel & Tours (basta scrivere una mail a info@myanmarexperttours.com e parlerete con Mister Mutu, molto gentile e disponibile). Per pranzo, ci siamo fatti accompagnare da Gekko, ristorante che si trova nel Sofaer Building, che ha una storia affascinante (costruito nel 1906, è stata sede dell’ufficio telegrammi Reuters e negozio di liquori); si mangia prettamente giapponese, ma ci sono anche piatti birmani rivisitati (noi abbiamo assaggiato il Lime Chicken, che è piccantissimo ma davvero buono).

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Siete nella zona che chiamano Downtown. Il centro, in sostanza. Non aspettatevi strade pedonali: non esistono. Ma programmate comunque una passeggiata per vedere gli edifici coloniali; l’antica Rangoon ne ha il più vasto e prezioso giacimento dell’ex impero britannico. Purtroppo, molti sono stati dimenticati, ma negli ultimi anni si sta lavorando per il recupero. Da non perdere: l’ufficio postale giallo senape, lo Strand Hotel sul lungo fiume, l’edificio rosso della vecchia Corte Suprema, la Division Court, il palazzo della Myanmar Port Authority e l’antico e immenso palazzo del Governatore (ora completamente vuoto, impressionante buco nero). Nel frattempo, districatevi fra i mercatini di strada che vendono solamente cibo già cucinato e frutta di ogni tipo.

yangon-downtown

Prima di dirigervi verso il lago naturale della città, Inya Lake, c’è ancora tempo per una visita alla Chauck Htat Gyee Pagoda, nota per l’immenso Buddha coricato lungo 65 metri. Il lago Inya (dove si trova anche la casa di Aung San Suu Kyi, un compound con filo spinato israeliano) è tra i luoghi più frequentati soprattutto dai giovani e dagli universitari, che qui mangiano, studiano, si coricano sul prato (voi non fatelo: è pieno di topi) e si godono il tramonto. Per i birmani questo è un posto romantico. Per noi, lo è stato di più Le Planteur, stupendo ristorante in stile coloniale con tavolini sistemati su un curatissimo prato all’inglese in riva al lago, tra oche e conigli che vagano liberi. Di sera, mille luci e candele illumineranno la vostra cena in stile europeo (è caro, ma ne vale la pena: è un’oasi di tranquillità, da godersi dopo un giorno nel traffico caotico di Yangon).

 

 

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4 commenti Aggiungi il tuo

  1. 365brindisi ha detto:

    Bellissimo!!! 🙂

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    1. V. ha detto:

      Ricordati che ho il tè – per te – per il brindisi birmano 🙂

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  2. cugino ha detto:

    Bellissimi i posti… e anche il racconto! E poi Kyaw della Myanmar Expert Travel & Tours è mio cugino!

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