Quando, nelle prime ore del pomeriggio del 21 febbraio 1943, gli equipaggi del 14° squadrone della South African Air Force si alzarono in volo dalla base egiziana di Shallufah per una missione sull’Egeo, non immaginavano quali ripercussioni la loro azione avrebbe causato agli abitanti dell’isola cicladica di Milos. La formazione era composta da nove B26 Marauder, bimotori da bombardamento che avevano fama di essere poco affidabili e si erano pertanto guadagnati il soprannome di “prostitute volanti”. Poco prima del tramonto i sudafricani attaccarono in tre ondate successive le navi all’ancora e le infrastrutture del porto di Adamas (il principale di Milos), importante base tedesca per i rifornimenti delle guarnigioni delle Cicladi e di Creta.
Il bombardamento (anche con siluri) causò ingenti danni e l’affondamento del cargo greco in servizio per la Kriegsmarine, l’Artemis Pitta. La nave, carica di benzina avio e di esplosivi, prima di colare a picco, esplose. Proiettando nella rada un gran numero di barili stoccati sul ponte principale. Nella notte alcuni abitanti dell’isola, spinti dalla miseria e dalla fame, convinti che la nave trasportasse viveri e olio d’oliva, raggiunsero la spiaggia di Achivadolimni, quella dove le onde avevano depositato diversi di questi fusti. Quattordici persone, prima di accorgersi di quanto inutile fosse il rischio (non c’era olio, bensì benzina), vennero catturate da una pattuglia della Marina tedesca, condannate per sabotaggio e giustiziate due giorni dopo.
Oggi, di fronte alla spiaggia di Achivadolimni, sulla strada che va all’aeroporto, una targa sulla parete della chiesa di calce bianca ricorda i nomi di quegli uomini. Perduti invece in qualche bollettino dimenticato quelli dei sedici marinai greci morti per l’esplosione dell’Artemis Pitta e pure quelli dei componenti dei due equipaggi sudafricani abbattuti dalla contraerea che non fecero più ritorno alla base.
Consigli per un giorno a Milos? Li trovate qui. Invece la storia della Venere di Milo la leggete qui.