La storia dei due scogli contesi da Grecia e Turchia

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Cinque miglia nautiche ad est dall’isola greca di Kalymnos, e quattro a ovest dalla penisola turca di Bodrum, si trovano due isolotti brulli e disabitati, poco più che due scogli. Sono così insignificanti nella galassia di isole del Mar Egeo che sulle mappe vengono riportati con un unico nome, anzi no: di nomi ne hanno sempre due, cioè Imia per i greci, Kardak per i turchi.
È dal dopoguerra che i due vicini si contendono le isole del Dodecanneso, che sono al centro di una infinita disputa nota come “la questione Egea”, ma sicuramente uno dei momenti in cui più si è sfiorato un conflitto armato è stato a metà degli Anni Novanta, proprio a causa di Imia (o di Kardak a seconda da quale sponda le si osservi). La questione inizia con un banale incidente nautico: il 26 dicembre 1995 un cargo battente bandiera turca, il Figen Akat, si arena contro Imia/Kardak. Alle richieste di aiuto risponde un rimorchiatore greco, che disincaglia la nave, la traina al più vicino porto turco e presenta il conto per il recupero. A questo punto il capitano del cargo obietta che l’incidente si è verificato nelle acque territoriali turche, e che la parcella va rivista. Da lì in poi è solo un susseguirsi vertiginoso di assurdità: il ministro degli Affari esteri di Ankara si affretta ad annettere i due scogli. Il suo omologo di Atene respinge l’atto, appellandosi ai trattati di Losanna (1923) e di Parigi (1947). Volano parole di fuoco, esplode il caso mediatico.

Imia/Kardak viste dal satellite

Dalla vicina isola di Kalymnos salpano su una barca da pesca il sindaco e altri tre compaesani che issano sull’isolotto occidentale una bandiera greca. Due giorni dopo atterra un elicottero di una testata giornalistica turca i cui operatori, filmando e trasmettendo in diretta televisiva, ammainano la bandiera bianco-azzurra e issano la mezzaluna bianca su fondo rosso. Tra i due governi volano accuse e minacce, vengono allertate le rispettive flotte navali tra lo sconcerto internazionale, perché entrambe le nazioni fanno parte della Nato.

Il 28 gennaio 1996 la Grecia invia un reparto di forze speciali sull’isola occidentale per ammainare il vessillo turco. Il 31 gennaio sono i reparti speciali turchi a sbarcare nottetempo sull’isolotto orientale. Ora i soldati dei due eserciti sono divisi da un braccio di mare di trecento metri, il rischio di uno scontro è altissimo. L’ultimo atto si consuma all’alba dello stesso giorno: un elicottero AB-212ASW ellenico si alza dalla Fregata Navarino per sorvolare a bassa quota Imia/Kardak, ma poco dopo si inabissa nell’Egeo. Gli Stati Uniti a questo punto intervengono con decisione, minacciano di tagliare il sostegno economico ad entrambi i contendenti e fermano l’escalation. Greci e turchi si affrettano a dichiarare che si è trattato di un incidente, non di un abbattimento, ammainano le bandiere e ritirano le truppe.

Oggi un monumento al porto di Photia, nell’isola graca di Kalymnos, ricorda Christodoulos Karathanasis, Panagiotis Vlahakos e Ektoras Gialopsos, i tre ufficiali morti nella tragedia, mentre i due scogli Imia/Kardak se ne stanno sempre lì, a metà strada tra la croce e la mezzaluna, indifferenti a entrambe.

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