Un giorno blu: ecco cosa fare a Chefchaouen in 24 ore

Anche se non ne avevate intenzione, la gita a Chefchaouen – la blue pearl del Marocco – si trasformerà in un viaggio fotografico: questo villaggio di montagna ai piedi del Rif è affascinante e magico per tanti motivi. Quello che colpisce subito è il colore dominante. Anche se preparati (ormai è nota), vi stupirà.

Blu le porte, blu le case, blu le finestre e i disegni per le strade. Blu le insegne, blu le tegole. E, se siete fortunati, anche il cielo. In questa atmosfera artistica e sospesa nel tempo  troverete tanti (troppi!) angoli da fotografare e sarete rapiti dal fascino di questo luogo dove il turismo è arrivato ma è ancora “lento”. E gli abitanti si mescolano senza preoccupazioni in mezzo a chi si ferma per un selfie da postare su Instagram. Ignorandoli, passando oltre. E questo ha permesso a Chefchaouen di rimanere posto autentico.

Un giorno qui inizia dalla colazione. La nostra è stata al piano più alto di Dar Zambra, una casa trasformata in bed&breakfast che essendo nella parte alta della medina la domina completamente. Il paesaggio che si gode da qui da solo vale il viaggio, soprattutto se si può gustare insieme ai pancake marocchini (msemen), alla marmellata di arance, al tè alla menta e qualche baghrir. Poi, uscite: all’inizio vi sembrerà di essere entrati in un labirinto con strade tutte uguali, salite e discese che portano da nessuna parte. Perdetevi e ritrovatevi: a Chefchaouen non serve una mappa, solo ricordarsi dei punti di riferimento (quella porta, quella scritta). Dopo un’ora la girerete senza problemi e potrete quasi dare indicazioni. Il tempo viene scandito dalle cinque preghiere che nella conca risuonano in modo spettacolare, come se le voci fossero ulteriormente amplificate; l’effetto aumenta quando è notte e i muezzin rompono l’irreale silenzio.

Visitate la Kasbah (alle 18,30 chiude) e, se avete voglia, il piccolo museo etnografico che racconta il villaggio come era una volta, quando era vietato entrare ai cristiani). A pranzo consigliamo il piccolo e tradizionale Lala Mesouda (avenue Hassan I), dove potrete assaggiare i tajine di agnello o di manzo; provate quelli con le prugne oppure con agrumi e olive. Non prendete il dolce, aspettate di essere nella piazza principale.

 Il cuore della medina è la piazza Uta-el-Hammam, dove affaccia la Grande Moschea e la maggior parte dei bar che propongono la vista panoramica. Scegliete Hassan, dove simpatiche e gentili ragazze francesi vi proporranno dei dolci fatti in casa (noi abbiamo trovato la torta con mandorle e fichi e i mitici msemen). Da lì date un’occhiata alla Grande Mosquée con la torre a pianta ottagonale, poi infilatevi nella stradina accanto per raggiungere l’antica scuola coranica, uno dei pochi edifici rimasti verdi (il colore dominante nel villaggio prima dell’azzurro). 

C’è un’altra zona del souq da scoprire, verso la valle. Se avete voglia, però, prendete un mezzo e uscite dalle mura per raggiungere una delle attrazioni principali degli abitanti di questa cittadina: la cascata di Ras el-Maa, dove le donne vanno a fare il bucato e i ragazzi il bagno. A cena vale una tappa Casa Hassan – Dar Baibou, in Rue Targui 22; c’è un menù fisso che comprende un antipasto (zuppe o insalate marocchine), un piatto principale (cous cous, tajine, kebab) e un dolce. In due si spendono circa 200 dirham.

Ricordatevi che siete in mezzo alle montagne e che quindi il clima anche in autunno può essere rigido. Non è così raro trovare la neve.

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